Domenica della Divina Maternità della Vergine
Maria risplende come icona di speranza per i suoi figli pellegrini nella storia. Come non pensare ai versi di Dante, nell’ultimo canto del Paradiso? Nella preghiera messa in bocca a San Bernardo, che inizia «Vergine madre, figlia del tuo figlio» (XXXIII, 1), il poeta loda Maria perché quaggiù, tra noi mortali, è «di speranza fontana vivace» (ibid., 12), cioè sorgente viva, zampillante di speranza. Sorelle e fratelli, questa verità della nostra fede è perfettamente intonata al tema del Giubileo che stiamo vivendo: “Pellegrini di speranza”. Il pellegrino ha bisogno della meta che orienti il suo viaggio: una meta bella, attraente, che guidi i suoi passi e lo rianimi quando è stanco, che ravvivi sempre nel suo cuore il desiderio e la speranza. Nel cammino dell’esistenza questa meta è Dio, Amore infinito ed eterno, pienezza di vita, di pace, di gioia, di ogni bene. Il cuore umano è attratto da tale bellezza e non è felice finché non la trova; e in effetti rischia di non trovarla se si perde in mezzo alla “selva oscura” del male e del peccato. Ma ecco la grazia: Dio ci è venuto incontro, ha assunto la nostra carne, fatta di terra, e l’ha portata con Sé, simbolicamente diciamo “in cielo”, cioè in Dio. È il mistero di Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza; e, inseparabile da Lui, è anche il mistero di Maria, la donna da cui il Figlio di Dio ha preso carne, e della Chiesa, corpo mistico di Cristo. Si tratta di un unico mistero d’amore, e dunque di libertà. Come Gesù ha detto “sì”, così Maria ha detto “sì”, ha creduto alla parola del Signore. E tutta la sua vita è stata un pellegrinaggio di speranza insieme al Figlio di Dio e suo, un pellegrinaggio che, attraverso la Croce e la Risurrezione, l’ha fatta giungere in patria, nell’abbraccio di Dio.
Papa Leone XIV